dimanche 28 novembre 2010

She wants to go to the seaside

Una città di colori.
Una città ha bisogno di colori per poter vivere. E di un fiume, e di acqua.
L'Oceano ha come sfondo la speculazione.
Verso la Russia, o verso il tramonto.
Non è bello, ma piace.
Non è ironico.
Apprezziamo degli equivoci.
Ci sforziamo inutilmente di scrivere bene.
Deco(a)struction.
Musica lounge in un bar sulla spiaggia che non potrebbe essere definito "locale" tanto cade a pezzi. Contraddizioni.
Occhiali da sole e obiettivi.
Mi chiedo cosa la gente capisca, cosa intenda, cosa pensi, cosa legga.
La comunicazione è il più grande dei fraintendimenti in cui crede l'uomo.
Confondersi nell'azzurro - labbra a "V".
Dimenticarsi le cose.
Scorrere, fluire, de-fluire, di-sciogliersi.
Pali piantati a caso nella sabbia.
Odori a sproposito.



















samedi 27 novembre 2010

Quo vadis, baby?

Qui ogni casa é satura di memorie calpestate.
Una porta gialla, folle in mezzo alle altre.
Il nuovo stile internazionale é nelle vetrine.
I taccuini ci accompagnano tutt'al più per una stagione.
Di corsa lungo le salite.
Mentire. Montmartre.




samedi 20 novembre 2010

O l'oceano o la neve





"Les necessités de la vie e les conséquences des reves."

mardi 2 novembre 2010

POSTER

Architettura non é imitare parole, è rispondere a dei problemi.
Un canneto non mi basta, un canneto non è architettura, un canneto è un canneto. L'architettura non può essere un canneto. Sarebbe un esercizio, sparare a un concetto - peggio, ad una parola, a un nome - e metterlo sottovetro con uno spillone conficcato nel petto. Bang.
L'architettura non può imitare parole, non può tradurre nomi comuni.
L'architettura non é un linguaggio di questo tipo e anche se la si riconoscesse come tale non si potrebbe limitare un intero sistema a frammenti, che frammenti non sono - poiché il frammento presuppone un insieme. Architettura non è forma che imita parola.

lundi 1 novembre 2010

mardi 19 octobre 2010




"The sea is more than an environment: it's the visible countenance, infinitely rich with analogies, of the arcane reality of things. And this is true not only in the sense that in poetry any environment loses its documentary boundaries and acquires a fantastic creation, but in a rarer sense that the sea is the only sensible form in wich we can incarnate the obscure and ironic demoniac core of the universe."
Cesare Pavese

jeudi 23 septembre 2010

O lamento do autocarro





















Non cercare di essere, stare
rancore che preme
il lobo occipitale
petali donnole viola
essere, vermiglio
volgere
a capo
nord.
Aggredita da invocazioni
preghiere e cetrioli
solitudine sudata
sulle strade
polvere di giorni
incipit e tabacco
aliti di disperazione
Farneticare denaro
tra le mani
tremano
foglie autunnali
propositi, calpestati
tacchi altri e mani
confusione spazzata
dal vento
occidentale
mare.
Le strade
Porto
Cedofeita
Fuori battito
guardo dalla mia finestra
finestre sole
buchi di notte
occhi e palprebre
prego.
Cos'ho imparato da questa
vita?
Immersioni
in quello che non sono
Heroismo.


dimanche 22 août 2010

10th august EASA010uk Manchester

Briciole di pelle, di nuvole, di parole, residui attaccati a strette appendici. La realtà si risolve in un metro quadrato di carta da parati. Forme e funzioni. Legami, giunti. Paratassi, disconnessioni. Possibilità, occasioni. Stimoli, spinte, gorghi, vortici. Correnti, corse. Contro. Flex, space, punta. A volte tutto sembra frantumarsi. Forse servirebbe solo silenzio, come collante. Linee che si intersecano, segrete intenzioni, subconscio. In-conscio. Scarpe, passi, andature, amici. Lettere. Musica, ho bisogno di musica. Chiudo la porta. Ciao.

mardi 20 juillet 2010

Post autistico

Bene.
Benissimo.
Ho caldo, una gatta annoiata che si gratta sulla lastra di vetro - sporca - del tavolo - "tanto è vinavil, viene via", mi è stato detto -, un peso su quello che in un racconto pedagogico sul glossario inglese definirebbero "bosom", e mal di schiena.
Ho fatto la punta alla matita, quindi dopo devo studiare o sottolineare, non necessariamente gestualmente, potrei anche sottolineare un (c'è una parola con la "c" che ora non mi viene in mente). Potrei disegnare giraffe rosse sulle pareti giallo ocra. Forse dopo.
Oggi pomeriggio mi sono tolta una patina d'ombra dai polpastrelli, non sono certa fosse colla o pelle, ho tirato, si è staccata - sotto era un po' più rosa, mi è parso. Rimarrà il dubbio.
Ultimi post: ragazzine vestite d'azzuro su un qualche tetto con dietro NYcity, ma forse sono solo sfondi cartonati, come i cespugli degli opinionisti. (Ieri ho incontrato due barboncini travestiti da diplodoco, sono stata a un passo dal fermare il padrone e sottoporlo ad interrogatorio, ma poi lui ha incontrato una parrucchiera - potrei disegnare un dinosauro).
Dimenticavo, questo è un post troppo difficile da tradurre in inglese, anche con google translator.
E' un post autistico, quindi non vuole comunicare niente, sarebbe perciò doppiamente autistico tentare di tradurlo.
Se fossi in voi mi sarei già annoiata a leggerlo - qualcosa come dalla seconda parola.
Ho un problema di concentrazione, e uno di tolleranza. Anche nei miei confronti.

"Quando sono da solo sento già una presenza di troppo", direbbe l'ingegnere padre.
Non mi va di scomodare la Signora Severità.
Andate in pace ai vostri letti, amen.

Ah, qualcuno penserà questo sia "unblogdimoda" - non
di moda, "di moda" - ecco a voi in pasto, signori e siggnore, wir wünschen viel Vergnügen: mi trovo in un monolocale soppalcato di un palazzo di una qualsiasi antica addizione urbana di una delle tante meravigliose città del bel paese dove il sì sona, ho caldo, una gatta che dorme sulla tastiera del portatile e un paio di boxer da uomo - sporchi - accartocciati sul termosifone - ma perché? - a "righine", direbbe la nonna sarta - i boxer, non il termosifone. Domani sosterrò l'esame di storia antica, comunque andrà poi uscirò coi miei amici con cui non ho legami troppo impegnativi, sarò felice e mi ubriacherò per condividere la mia gioia accademica col mio fegato - che fastidiosamente continua a suggerirmi di diventare una bracciante umbra.
Sono una donna emancipata - sì - auguratevi la buonanotte.

dimanche 11 juillet 2010

When I grow up I want to be david






"I think it is a man. I had never seen a man, but it looked like one, and I feel sure that that is what it is. I realize that I feel more curiosity about it than about any of the other reptiles. If it is a reptile, anf I suppose it is; for it has frowsy hair and blue eyes, and look like a reptile. It has no hips; it tapers like a carrot; when it stands, it spreads itself apart like a derrick; so I think it is a reptile, though it may be architecture."
Mark Twain
The Diary of Adam and Eve

mardi 6 juillet 2010

Last blues, to be read some day

'T was only a flirt
you sure did know-
some one was hurt
long time ago.

All is the same
time has gone by-
some day you came
some day you'll die.

Some one has died
long time ago-
some one who tired
but didn't know.

Cesare Pavese




vendredi 2 juillet 2010

Panta rei



tutto scorre, inutile puntare i piedi.

jeudi 24 juin 2010

"I colori vengono dal sole"

Porta fortuna, regali e sere:
credo di avere qualcosa nel cappello, ma non è un coniglio.

dimanche 20 juin 2010

La bonne aventure





- Et quand je serai grande, dit la petite fille.
- Tu resteras petite, dit le chat.
- Alors je serai naine, dit la petite fille inquiète.
- Non, dit le chat, tu seras reine, reine de tes reves et tu deviendras une femme en restant une enfant.
- Je serai belle, dit la petite fille.
- Oui, dit le chat.
- Vous dites ca puor me faire plaisir, dit la petite fille.
- Non, dit le chat, mais cela te sera utile.
- Merci chat, je reviendrai l'année prochaine, dit la petite fille.
- Lannée prochaine ! Tu vois, c'est tout simple, toi aussi tu prédis l'avenir, dit le chat.

(Jacques Prévert)


I sogni son desideri

jeudi 17 juin 2010

"Corsa come treno"


A volte vorrei essere minuscola, finissima, invisibilmente lieve, o semplicemente sconosciuta; passare inosservata, mimetizzarmi e osservare, scrutare le persone che mi scorrono accanto, che mi superano o che mi accompagnano per un tratto di strada. Come tanti viaggiatori di treno; chissà come starebbero seduti, chissà cosa avrei pensato di loro se li avessi incontrati per caso, abbandonati nel posto opposto al mio, su un regionale rumoroso, troppo freddo, troppo caldo, con il vetro che fa troppo riflesso nella notte - tra il mare e il cielo - e non si riescono a leggere i nomi delle stazioni lungo la costa. Allora li si conta, li si annota, ci si perde in un interstizio di ferrovia, tra due binari, una distanza che diventa infinita. Mi piace immaginare la loro espressione mentre guardano fuori dal finestrino, o si osservano i piedi. Il moto delle sopracciglia, o degli angoli della bocca, il movimento della mano e della spalla quando estraggono il telefono da una tasca qualsiasi. Lo sbuffo d'assenso o il piccolo borbottio di fastidio mentre leggono. La risposta, e il treno che corre, che sferraglia tra i sottopassi, rotola sulle campagne deserte, di quel verde umido dato dalla sera che sgocciola sulle piante, sull'erba, sui campi, su tutte le cose, mentre si è in viaggio. Verso?

dimanche 13 juin 2010

vendredi 21 mai 2010

elle in wonderelland


















Finalmente un luogo ispirante in questa piccola città di-sperante.

jeudi 22 avril 2010

Postponderazioni


Imbarazzo. Davanti all'inconsapevolezza e alla discoscienza (incoscienza presupporrebbe di averne una e la scelta di negarla, e “mis“ di fare una scelta “sbagliata” con il formarsi di uno scarto) musicale del pubblico presente ai concerti. A TUTTI i concerti: ai concertucoli di cantanti poppastri, ai concertini di gruppetti rock e alle grandi markette di lusso della musica “colta”. Il pubblico rimane sempre lo stesso, tutt'al più varia la decade dei natali e il soprabito lasciato in guardaroba. Pubblico. Pubico.
Ad un concerto si può: osservare gli altri assistenti nell'attesa che le luci calino (o anche durante, nella penombra), vedere le loro facce e chiedersi come mai tengano il cappello in un luogo chiuso, che in alcuni casi risponde con più sicurezza al requisito di non far piovere sulle loro teste che a quello di non crollare sulle antecitate. Perplessità, plurali. Altra possibile e quasi doverosa occupazione per chi non sia sordo ed abbia voluto partecipare: ascoltare. Auscultare. Non sentire. Non è una cosa che succede per caso. Non odi una leopardiana melodia girando l'angolo della strada proveniente da uno studente che si sta esercitando per il diploma di violino o da uno zingarello (che probabilmente tiene l'arco più dritto del precedente), sei in un teatro. Teatro: edificio destinato a rappresentazioni. Funzione definita. Architettura specialistica. Hai pagato un biglietto per ascoltare, assecondato una volontà. E quindi, perché una volta seduto - o in piedi, con la pelliccia - o il chiodo, poi, all'inizio - o durante o alla fine, non fai quello che hai addirittura aspettato di poter fare?
Perché il 13 Gennaio il pubblico, docile, ha aspettato per quasi un'ora - in ritardo ingiustificato - l'arrivo di Morgan? Perché poi, dopo la prima mezz'ora di spettacolo casuale - nemmeno aleatorio, nessuno ha lasciato la sedia indignato? Sono rimasti tutti a guardare - e a subire - un giullare, su un palco, che violentava in maniera barbara numerose possibili e varie idee di musica - su un brutto pianoforte. Perché tutti hanno avuto un “o-oh” di stupore-misto-ammirazione quando all'inizio ha malamente copiato, in maniera sciocca e anacronistica, le esperienze di ricerca musicale degli anni '60 (spero fosse una provocazione, che comunque generalmente nessuno a portata dei miei occhi ha colto)? Perché? Il nostro paese è pieno di furbastri semintellettuali che sfruttano la non-conoscenza degli spettatori, oramai privati di qualsiasi strumento critico.
Sperando che prima o poi il pubblico si alzi.

mercredi 31 mars 2010

Leggère


(Léger)

Leggere non dev'essere sempre "piacevole", o rischia di scadere nell'hobby.

dimanche 28 mars 2010

Quadri da un'esposizione




Perché la gente viene alle esposizioni? Per "soddisfare l'idea di mettere insieme arte, festival cinematografici e canzonettistici ecc. [e] creare una specie di rinascente turistico intellettuale [bla]", immagino. Bisognerà spiegarle che non è obbligatorio atteggiare i muscoli facciali per tutto il tempo della visita conferendo al proprio volto un'espressione da bietoloni, inutile tentativo di apparire il più simili possibile a quello che definirebbero "intenso ed intellettuale". Ho una gran voglia di ridere. E poi ci sono le coppie, che danno vita ad un solo tipo di rotazione. Quelli che spiegano, che sentenziano, che interpretano idiozie più o meno didascaliche a voce alta. V'è poi chi le mostre le allestisce, dimostrando di non aver capito nulla dell'opera che espone alla pubblica incompresione - facendole subire una doppia violenza - e che nonostante questo sembra starsene lì immobile (o quasi, nel caso di un "mobile") e sorridere silenziosamente, osservando gli spettatori con la coda dell'occhio (ovunque essa si trovi in un'opera d'arte). Per un attimo ho seriamente pensato ci fosse un quadro sopra la mia testa, alle mie spalle: tutti si arrestano - vedo i loro piedi mentre scrivo - e guardano. No, non c'è - tiro un sospiro di sollievo. Ma no, ecco che arriva subito un altra coppia! E il giro ricomincia.

lundi 22 mars 2010

Identity, o Paul Valery esci da questo corpo.

Identità, corrispondenza, equivalenza. Identità personale e sociale, collettiva o elitaria, identità tra interno-esterno, tra sostanza e scorza, tra anima e corpo. Il nostro aspetto esteriore, la moda, può veramente rappresentare quello che siamo? O è solo un esercizio di stile? Ci abbigliamo per dimostrare, per dichiarare agli altri chi siamo o chi vorremmo essere? Per esorcizzare la paura di non essere riconosciuti? Per affermare uno status? Riveliamo veramente agli altri le nostre caratteristiche attraverso il modo in cui ci copriamo, per non dire mascheriamo? Possiamo veramente affidare questo compito a tali sovrastrutture? O piuttosto è la nostra struttura più intima che si rivela forando la superficie? I nostri armadi vorrebbero essere letti come autobiografie? Non ci si può mai fidare di chi scrive la propria storia e bisogna stare molto attenti a giocare con i travestimenti, o si rischia di perdere la propria identità. Bisogna vivere ogni storia e credere alle favole, ma senza mentire. Come dice Adolf Loos: “L'uomo moderno usa il suo vestito come una maschera. La sua identità ha una forza talmente enorme che essa non può più essere espressa dagli abiti che egli indossa. L'assenza di ornamento è una prova di forza spirituale. Il proprio spirito inventivo egli lo concentra su altre cose.” “Altre cose”, per esempio l'Architettura. Facciamo attenzione quindi a non far diventare la Baukunst Moda, l'edificato vestiario. E concentriamoci sulla qualità del progetto: nonostante tutto, anche l'idea che la città vuole dare della propria identità, per quanto non equivalente alla realtà, va progettata con estrema attenzione.






mardi 16 mars 2010

Un ottico


Possibile che nessuno ci veda giusto?
E molto meglio vedere il mondo sfuocato: chiuderò la ricetta dell'affascinante oculista in un cassetto.

Un tempo dicevo: "Un ubriaco con degli occhiali da vista non ci vedrà mai meglio."

dimanche 7 mars 2010

elle @ centre pompidou




Lontanissima dall'essere femminista e cedente talvolta alle misogine ire, ammetto di averne provato certa soddisfazione sottocutanea.

jeudi 4 mars 2010

Lu loves the Hat


...o di come non sia sempre necessario andare a Parigi per comprare un cappello.


"Cinque... dieci... venti... trenta... trentasei... quarantatre!"
In a cold and sunny sunday I met this hat on my way, and so I brought it with me.

il mio album

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