samedi 7 janvier 2012

Nell'era delle improvvisazioni el(l)ettroniche e delle cinture che non stringono niente, ma sottolineano qualcosa.


Cerco pretesti per scrivere - a volte, la notte senza riuscire ad addormentarmi, oppure li raccolgo al pomeriggio. Amuleti preziosi come pulci nell’orecchio, spifferi di vento raccolti nelle orecchie camminando lungo la Senna, schizzi di vedute aeree o dettagli. Fotografie che volano via sbiadendosi, insieme alle foglie dei platani. Mi chiedo ancora cosa ci facesse quel biglietto lilla (del metrò) abbandonato lungo il Tevere, ma questa è un’altra storia. Detto questo...


Prima nota: della Normalità dell'essere umano.
Gli esseri umani non sono strani: sono esseri umani… e spesso sono prevedibili quanto le loro sceneggiature. Non sono strani nemmeno quando pensano di aver raggiunto una piccolissima (non infinitesimale) verità e la sbandierano ai quattro venti, empiendosi i polmoni di retorica e frasi fatte, rischiando di soffocarsi con una delle tante etichette con cui cercano di classificare la strana (questa - forse - sì) realtà che li circonda.La vita – intanto - per alcuni di loro non è affatto breve; la vita è un lungo, lunghissimo corso - una maledizione: un’infinita sequela di avvenimenti subiti, dei quali, lo stare seduti di fronte ad una persona alla quale non si ha nulla da dire è la minore disgrazia - anzi, è vista come un placido momento di distensione.
Gli esseri umani non sono strani, gli esseri umani cercano sempre di giudicare gli altri esseri umani dal loro punto di vista - che nel nostro caso si trova ad un altro tavolo dello stesso ristorante, seduto dietro ad un piatto fumante, con a fianco un libro aperto (che non sta leggendo) - è questo uno dei loro grandi errori.


Seconda nota: la Comunicazione.
Ecco, la comunicazione è un nome astratto estremamente sopravvalutato.Per prima cosa perché la comunicazione si nutre di - ed è composta in massima parte dal - Fraintendimento. E arrivando al parossismo, il modo migliore di comunicare è stando in silenzio ad un tavolo, dietro un menù.
Poi, "comunicazione". Chissà cosa intenderà il nostro Punto di Vista all’altro capo della stanza, sotto l’appendiabiti.
Nella civiltà dei segni ogni atto (nemmeno ogni gesto) è comunicazione, ogni scelta e ogni non-scelta lo sono, comunicano qualcosa di noi, su di noi e per noi.
Quindi, perché caricare soltanto la povera lingua parlata di codesto ingombrante fardello. Sarebbe tanto meglio - a volte - comunicare in silenzio, in scritture che prescindessero dalla fonetica.
Magari, il signore che accusa la coppietta al tavolo, non si è accorto che le sue singolarissime componenti si stanno “parlando”! Semplicemente non conosce il loro e i loro silenzi: non può discernere, non sa che dietro al loro punto di vista e davanti al loro menù ci sono almeno altre due storie, che si biforcheranno come un albero in una chioma di aneddoti-foglia, che una volta secchi cadranno, verranno calpestati, dimenticati e riascoltati sotto i loro “cric-crac”. Rospi.
Chi gli dice che si stanno facendo piedino sotto il tavolo, nascosti dalla tovaglia di nappa che cade ai bordi del tavolo creando una pubblica intimità?
Soffermiamoci dunque sul nostro solo, povero, tapino Punto di Vista.
E’ nervoso - più infastidito che triste - sente il bisogno di comunicare. Forse non ha nessun contenuto da spartire, ma vuole esprimere (spremere) qualcosa: ma non può, non c’è nessuno al suo tavolo. Nessuno che lo ascolti a cui dimostrar-si, a qui provare di essere. Tra parentesi: non si può comunicare con tutti, e non si deve, a volte. Chiusa parentesi.


Terza nota: la Solitudine.

Ha almeno due significati. Sentirsi ed essere. Essere e stare. Due e mezzo.

La solitudine non è una lebbra, la solitudine sì può cercare, si può desiderare, volere, può essere l’Obiettivo. L’arte dello schivare – decontestualizzato: die Kunst der Fugue – l’arte dello sparire, dell’evitare, lathe biosas: meglio soli che male accompagnati, lo dice il greco, lo dice il poeta, lo dice il proverbio. E caro il nostro Punto di Vista, non ci vedo nulla di veramente triste nel poter leggere un libro davanti (o dietro – dipende sempre da che punto di vista si considerano le cose) una birra media (in Germania poi non esistono, kleines oder großes - dove sei?). Peccato tu lo legga distrattamente: lo rovini, ti rovini.
E’ proprio vero, si può dire tutto e il contrario di tutto, e capire ancora meno; “basta avere la voglia, il desiderio e la carta necessari” - ancora una volta.
Improvvisamente al nostro Punto viene in mente l’Amore (chissà che libro sta leggendo e chissà cos’ha ordinato). Pensa che noi (comuni mortali o strani esseri umani?) non sappiamo che cosa sia, perché lui l’ha conosciuto - il vero amore, quello unico, irripetibile - quindi noi come potremmo anche solo immaginarcelo? Ha ragione. Un Punto! Una pacca sulla spalla - coraggio - gli esseri umani non sono strani! E tu ne sei la dimostrazione!
Trova interessanti le sue considerazioni dettate dal senso comune e mirabolanti le sue teorie – per questo vorrebbe tanto comunicarle a qualcuno immagino, per sorprenderlo - possibilmente un qualcuno-femmina. Perché stando alle sue elucubrazioni, supponiamo che sia appena stato “fortuitamente” – come dice lui - lasciato. 
Scambia l’ubriachezza per lucidità. La non-contraddizione per giustezza.
E’ perduto, si appella prima alla razionalità, poi al buon senso (il caro vecchio) e tra poco, se rimaniamo qui a guardare da dietro il nostro ficus benjamin inizierà a invocare “facts, facts, facts” e ci darà la perfetta definizione di un cavallo, magari letta sul menù. 
Ma siamo ancora al ristorante?
Lo "scienziato sociale" che fa capolino dentro di lui ci invita a non spostare mai l’analisi su noi stessi: come pegno, la vita – peggio, la personalità - questo spauracchio della società post-psicanalitica! Ha paura di un vis à vis addirittura col suo specchio.


Gli esseri umani non sono strani: nel frattempo, si è appassionato di fotografia!


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