Stockholm South Cemetery and Woodland/Gunnar Asplund, Sigurd Lewerentz 1940
Perché non scrivi? Perché c’è un tempo per camminare in mezzo alle tombe nella luce del mattino e uno per lasciare segni con l’inchiostro, perché di segni si trattano. Parole come muri. Parole che bisogna cercare di far diventare bianche pur essendo fatte di pensieri ed inchiostro nero, perché io non sono Paloma. Tanti piccoli imprevisti d’incanto, inpositivi, che si dispiegano in un sentiero non visto snodandosi lungo due siepi di rose dipinte di rosso che si scoprono bianche, sul quale si incontrano spaventapasseri senza cervello, uomini senza cuore e leoni senza coraggio. “E alla fine, nonostante tutto, il sorriso...” e la libertà che ti pizzica le guance e ti fa bruciare le labbra - come febbre. Come una schiena lucida e nivea e corridoi fatti di luce. Piedi staccati da terra e ali mai così tanto attaccate al cielo. Finirà mai la cartuccia della stilografica?
Un po' di rossetto sulla bocca e fuori, contro la luce e l'aria fredda che pizzica le orecchie. Verso avversità, senza cedere alla morbidezza di cuscini e piumoni.
Se leggerò un altra volta, nel corso della giornata - o forse di questa breve vita - che "ci vogliamo credere", mi verrà l'orticaria, mi ricoprirò di macchie rosse e pruriginose, urlerò. Sono le... sono già le 04:55?! C'è stato un momento in cui la notte mi sembrava lunga, atemporale. Ingenua, io. Questi shifts improvvisi mi fanno accorgere che ormai è solo una tana, una risacca di silenzio speciale. Un'ora nel talamo e una alla scrivania, per tutta la notte, dentro e fuori, dalla vita e dalle questioni. Battito del cuore e dei secondi, la sottoscritta e le sue due sveglie, nei cassetti: vago, non sviscerato antagonismo. Barattoli per contenere ricordi. Bisogna avere tasche per infilarci il passato. Ansie pre-post-ante-produttive. Isolanti e guaine, nel dubbio. Mani e mente che non si fermano, si aggrovigliano. Siamo solo ciò che fanno le nostre mani. Scrivere, disegnare, sporcarsi. Unghie. Ansie prestazionali sottocutanee. Agiamo per soddisfare dei requisiti? Seguo la bellissima linea di una mandibola, fin dove finirà. Non lo so. Nessuno lo sà, c'è una parte in ombra. Curve. Come salire le scale strisciando l'indice sul corrimano, trascinandolo, non perdere il contatto. Scattare istantanee.
Ci sono persone con la stessa faccia di altri milioni di persone, non semplici sosia, insiemi enormi di geni dominanti, uguali. Forti e brutti. Ragazze che hanno la faccia uguale a quella delle loro madri. La bocca, le guance, la fronte, il mento. Si vede. C'è gente poi che ha la faccia fatta per la felicità, con una faccia così non potranno mai essere infelici. Può essere infelice solo chi ha conosciuto la felicità e non ha una faccia del genere. Cosa c'è di male? Niente, niente di male. Chi vorrebbe poter essere infelice?! E' incredibile quanto possa influenzare un istante la... Ho una passione per i profili importanti, ingombranti. Scarpa, Adrien Broody. Volevo far finta di essere stupida, per lo meno leggera. E invece ancora una volta braccialetti di ghisa a polsi e caviglie. Voglio una forchetta, un'arricciaspiccia, di quelle scadenti, facili da piegare, da portare come ornamento, o da usare per pettinarmi i capelli, che cresceranno, si annoderanno, cose così. Munari. La sirenetta - nuda, liscia, bagnata - su quello scoglio, inerme - davanti agli occhi di tutti quei brutti turisti abbarbicati sul lungomare e sotto le macchinine fotografiche degli altri che si sporgevano dal barcone- con dietro ciminiere e rotori, mi ha gettato addosso una tristezza strana. Comprai allora noccioline caramellate: calde, tanto dolci che dopo che se ne sono mangiate due brucia la gola. La vecchietta, invecchiata lì con zucchero, gusci, monete e cucchiaio, lì da sempre - a vedere la schiena e la spalla di una statua lontana da tutti - mi disse di non svalutarmi, che è il valore che noi per primi ci diamo che colgono poi le altre persone. Tornai indietro, aspettando l'ora giusta. Guardando l'acqua e la sera del nord.